sabato 31 ottobre 2015

Halloween

“Quindi capisci? Quello che voi chiamate 31 ottobre non è un giorno come gli altri…” mi spiegò pazientemente il vecchio druido.
“Sì certo lo so…” risposi, cercando di apparire competente.
“E’ un giorno magico. Durante il Samhain il grande scudo di Skathach viene abbassato, eliminando le barriere fra i mondi e permettendo ai morti di entrare in contatto con i vivi. Ci vuole molta cautela...” continuò lui.
“Ma certo, lo so. Solo che da noi qui si chiama Halloween”.
“Ah bene! Quindi sapete come comportarvi, giusto?”
Annuii vigorosamente. “Naturalmente…" 
"Noi andiamo in giro vestiti da mostri, e facciamo dolcetto o scherzetto!” spiegò Antonio, inserendosi nella conversazione in modo alquanto inopportuno. 
Cathbad ci guardò stralunato. “Che stupidaggine! Perché uno dovrebbe andare in giro vestito da mostro?”
“Perché è divertente…” continuò il mio amico, costringendomi a rifilargli una tempestiva gomitata appena sotto lo sterno.
“Sì ma rischiate di essere fatti a pezzi!”
“C... chi dovrebbe farci a pezzi?” Domandai stranito.
“Un guerriero, se vi scambiasse per dei mostri autentici, per esempio…” spiegò il druido.
“Sì beh… ma i mostri non esistono davvero, no?”
Il Troll si affacciò sulla soglia con aria imbronciata reggendo perplesso un frammento della maniglia.
“Credo di averla rotta questa…” disse con voce cavernosa.
Mi affrettai a recuperare il frammento di maniglia rassicurandolo che non era importante e che avrei provveduto a rimettere tutto a posto. Poi tornai a rivolgermi a Cathbad che mi guardava divertito.
“Di cosa stavamo parlando?”
“Dei mostri che non esistono”.

venerdì 9 ottobre 2015

Videogiochi e Guerrieri

Merlino si sporse in avanti guardando con curiosità il monitor del mio computer.
“E così questa è la scatola magica?”
Annuii a disagio e sentii il dovere di precisare: “Sarebbe un computer…”
Cathbad il druido si avvicinò a sua volta.
“E noi eravamo tutti lì dentro?”
“Devi essere un mago ben potente per essere riuscito a rimpicciolirci in siffatta maniera…” aggiunse Merlino.
“Ecco… non eravate voi ad essere nel computer, ma dei vostri, come dire? Simulacri…” spiegai.
“Magia simpatica!” esclamò Cathbad con approvazione “hai sfruttato il principio della similarità, molto astuto”.
Sorrisi non sapendo bene cosa rispondere.
Antonio mi si avvicinò con aria cupa e mi prese per un braccio tirandomi in disparte.
“Non sarebbe il caso di spiegargli che non sei un mago ma un programmatore di videogiochi?” mi bisbigliò nell’orecchio.
“Ma sei pazzo?” risposi con tono altrettanto basso “abbiamo già stabilito che se questi sapessero la verità mi farebbero a pezzi nel giro di cinque minuti!”
Come a confermare i miei timori CuChulainn si avvicinò con aria truce impugnando la lancia.
“E che ci facevamo nella tua scatola magica?”
“Un…” degluttii a fatica “un videogioco…”
Anche Sigfrido mi guardò perplesso.
“E cosa sarebbe un videogioco?”
Presi dalla scrivania l’astuccio di Call of Duty e glielo mostrai.
“Ecco, questo per esempio… è un videogico in cui impersoni un… armigero moderno e uccidi i nemici…”
I due guerrieri sorrisero in modo poco rassicurante annuendo. Evidentemente “uccidere nemici” suscitava la loro approvazione.
“Per finta s’intende” puntualizzò Antonio che non era a suo agio con le uccisioni.
CuChulainn si accigliò.
“Non capisco… perché qualcuno dovrebbe divertirsi a uccidere qualcun altro per finta?”
“Oh beh” farfugliai “ma perché uccidere è… sbagliato?”
I due imponenti guerrieri si produssero in una risata cavernosa che sembrava quasi un urlo di guerra.
“Sei divertente mago!” ragliò Sigfrido dandomi una pacca che per poco non mi disarticolò la spalla “uccidere per finta! Ah ah ah!”
“Come se una semplice finzione potesse sostituire il piacere che dà decapitare un avversario per davvero!” Sottolineò Artù raggiungendoci.
“O sbudellarlo…” aggiunse Sigfrido.
“Io una volta ne ho squartato uno colpendolo dal basso verso l’alto, proprio in mezzo alle gambe!” Proclamò CuChulainn con l’entusiasmo di un bambino “avreste dovuto vederlo mentre correva su e giù cercando di trattenere le viscere che cadevano a terra dallo squarcio…”
Scoppiarono tutti a ridere manifestando un enorme apprezzamento per il ricordo truculento del celta e Antonio mi tirò nuovamente in disparte.

“Adesso hai capito perché dobbiamo assolutamente rispedirli a  casa?!”


NOTA: questo pezzo non è presente nel libro, perché Sergio, il protagonista della storia, si è ricordato solo qualche tempo dopo di questa conversazione e me l'ha prontamente riferita. Abbiamo pensato, dunque, di inserirla in questo blog per dovere di cronaca.