Merlino si sporse in avanti guardando con curiosità il
monitor del mio computer.
“E così questa è la scatola magica?”
Annuii a disagio e sentii il dovere di precisare: “Sarebbe un
computer…”
Cathbad il druido si avvicinò a sua volta.
“E noi eravamo tutti lì dentro?”
“Devi essere un mago ben potente per essere riuscito a
rimpicciolirci in siffatta maniera…” aggiunse
Merlino.
“Ecco… non eravate voi ad essere nel computer, ma dei
vostri, come dire? Simulacri…” spiegai.
“Magia simpatica!” esclamò Cathbad con approvazione “hai
sfruttato il principio della similarità, molto astuto”.
Sorrisi non sapendo bene cosa rispondere.
Antonio mi si avvicinò con aria cupa e mi prese per un
braccio tirandomi in disparte.
“Non sarebbe il caso di spiegargli che non sei un mago ma un
programmatore di videogiochi?” mi bisbigliò nell’orecchio.
“Ma sei pazzo?” risposi con tono altrettanto basso “abbiamo
già stabilito che se questi sapessero la verità mi farebbero a pezzi nel giro
di cinque minuti!”
Come a confermare i miei timori CuChulainn si avvicinò con
aria truce impugnando la lancia.
“Un…” degluttii a fatica “un videogioco…”
Anche Sigfrido mi guardò perplesso.
“E cosa sarebbe un videogioco?”
Presi dalla scrivania l’astuccio di Call of Duty e glielo
mostrai.
“Ecco, questo per esempio… è un videogico in cui impersoni
un… armigero moderno e uccidi i nemici…”
I due guerrieri sorrisero in modo poco rassicurante annuendo. Evidentemente “uccidere nemici” suscitava la loro
approvazione.
“Per finta s’intende” puntualizzò Antonio che non era a suo agio con le uccisioni.
CuChulainn si accigliò.
“Non capisco… perché qualcuno dovrebbe divertirsi a uccidere
qualcun altro per finta?”
“Oh beh” farfugliai “ma perché uccidere è… sbagliato?”
I due imponenti guerrieri si produssero in una risata cavernosa che sembrava quasi un urlo di guerra.
“Sei divertente mago!” ragliò Sigfrido dandomi una pacca che
per poco non mi disarticolò la spalla “uccidere per finta! Ah ah ah!”
“Come se una semplice finzione potesse sostituire il piacere
che dà decapitare un avversario per davvero!” Sottolineò Artù raggiungendoci.
“O sbudellarlo…” aggiunse Sigfrido.
“Io una volta ne ho squartato uno colpendolo dal basso verso l’alto,
proprio in mezzo alle gambe!” Proclamò CuChulainn con l’entusiasmo di un
bambino “avreste dovuto vederlo mentre correva su e giù cercando di trattenere
le viscere che cadevano a terra dallo squarcio…”
Scoppiarono tutti a ridere manifestando un enorme
apprezzamento per il ricordo truculento del celta e Antonio mi tirò nuovamente in
disparte.
“Adesso hai capito perché dobbiamo assolutamente rispedirli a casa?!”
NOTA: questo pezzo non è presente nel libro, perché Sergio, il protagonista della storia, si è ricordato solo qualche tempo dopo di questa conversazione e me l'ha prontamente riferita. Abbiamo pensato, dunque, di inserirla in questo blog per dovere di cronaca.
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