...fummo
interrotti da uno schianto inquietante che proveniva proprio dalla
mia stanza.
«Cosa
cavolo?!» esclamai precipitandomi a indagare.
Antonio,
è giusto dargliene atto, mi seguì dappresso senza alcun timore, ma
del resto, nessuno di noi due si aspettava di trovare quel che
trovammo varcando la soglia altrimenti, forse, non ci saremmo mossi
con tanta prontezza.
La
mia, un tempo gloriosa, scrivania adesso era stata ridotta in tre
pezzi irregolari sparpagliati sul pavimento. Poco più in là un
individuo vestito con una strana armatura rugginosa giaceva esanime,
accanto a una grossa ampolla ricolma di uno strano liquido denso che
mai e poi mai avrei osato trangugiare. Ma la cosa più spaventosa era
lo strano tipo che, tutto curvo, si stava dirigendo verso la
finestra. Ed era curvo anche perché, se si fosse raddrizzato,
avrebbe sfondato il soffitto, visto che doveva essere alto almeno due
metri e mezzo. Emanava un insopportabile odore di zolfo, indossava
una cotta di maglia macchiata di carbone, due giganteschi stivali di
pelle. La mano destra impugnava una spada fiammeggiante, la sinistra
un fagotto improvvisato da cui spuntavano alcuni oggetti a me
tristemente familiari.
Antonio
e io restammo a guardarlo atterriti, incapaci di dire o fare
alcunché.
La
creatura si girò verso di noi sfoggiando un nasone da cui uscivano
minacciose lingue di fuoco e una folta barba rossiccia che non poté
mascherare il suo ghigno malevolo. Ci fissammo per alcuni istanti, o
meglio, lui fissò me con un po’ troppa insistenza per non apparire
minaccioso, accennò una specie di saluto con la mano sinistra, e
saltò giù dalla finestra.
“Occavolo!»
esclamò Antonio «cos’era quello secondo te?»
«Non
lo so di preciso» risposi «ma qualunque cosa fosse si è portato
via i miei hard disk esterni con tutti i backup del videogame!»
Erano
solo le undici, mancavano più di dodici ore alla fine della
giornata: poteva succedere ancora di tutto.
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