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Quando aprii gli occhi
era buio pesto.
Restai fermo qualche
istante aspettando che gli occhi si abituassero all’oscurità.
Quando fu chiaro che gli occhi si erano abituati, ma che non si
vedeva comunque nulla, provai a muovermi scoprendo di essere
incatenato.
Il tintinnio smosse
qualcuno accanto a me.
«Chi c’è?» chiese
con voce impaurita lo sconosciuto alla mia destra.
«Tranquillo, sono un
prigioniero, proprio come te» risposi con voce impastata.
«Chi ti ha catturato?»
domandò con curiosità.
«Mmmh, il grande capo in
persona, direi…»
«Uh… non si scomoda
tanto facilmente lui, devi essere un pezzo grosso» commentò
un’altra voce, che doveva appartenere al gigantesco corpo che si
stava stiracchiando alla mia sinistra.
«Pezzo grosso non
saprei…» risposi «ma di certo posso dire di essere quello che ha
cominciato tutta questa storia».
Nel mio tono c’era un
vago e irrazionale autocompiacimento.
«Davvero?» domandò
un’altra voce, questa volta alle mie spalle.
«E in che modo?» le
fece eco la prima voce.
«Beh, è una lunga
storia…» dissi.
«Credo che avrai tutto
il tempo di raccontarla… ho idea che abbiano intenzione di
lasciarci qui sotto per sempre» disse la terza voce.
«Già, e in un modo o
nell’altro dobbiamo pur passare il tempo, no?» aggiunse una quarta
voce.
«Forza, raccontaci
tutto…»
Scrollai le spalle.
Probabilmente una volta appresa tutta la storia mi avrebbero odiato
per quel che avevo fatto, ma a questo punto non aveva senso
preoccuparsi delle conseguenze, tanto, peggio di così non poteva
certo andare.
«Ok» dissi «mettetevi
comodi…» un eufemismo, ovviamente, incatenati com’eravamo.
Mi schiarii la voce,
tirai un lungo sospiro cercando di mettere in ordine i pensieri e i
ricordi, che erano decisamente confusi e, finalmente, cominciai a
raccontare…
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